Amico farmacista (???)
Due considerazioni sui farmacisti e sull'omeopatia.
di Zazzy (25 Nov. 2006)
Qualche tempo fa, il governo Prodi tentò di liberalizzare la vendita dei farmaci, i farmacisti insorsero e Federfarma distribuì nelle farmacie un volantino in cui si spiegava come il farmacista fosse lì a difendere il consumatore e a consigliarlo al meglio e con competenza nelle sue scelte.
Sono pertanto rimasto perplesso quando l'altro ieri mi sono recato in farmacia a prendere qualcosa per il mio bimbo di otto mesi alle prese col suo primo raffreddore e il farmacista mi ha consigliato un rimedio omeopatico. Ora:
- L'omeopatia nacque agli inizi del 1800 dalle congetture di un singolo medico: Samuel Hahnemann. All'epoca l'idea che le malattie derivassero dai batteri muoveva i primi passi e la medicina ricorreva a clisteri, salassi e sanguisughe per curare le malattie. Da allora la scienza medica ha fatto enormi progressi, l'omeopatia è invece rimasta ancorata ai dettami del suo fondatore.
- In particolare, l'omeopatia si basa su tre principi cardine:
- i simili curano i simili (secondo questo principio, ad esempio, il caffè curerebbe l'insonnia). Hahnemann, fra le altre cose, applicava questo principio usando fluidi biologici prelevati da malati (ad es. la saliva di malati di morbillo) per curare altri malati, pratica non solo assurda ma pure pericolosa alla luce delle conoscenze attuali.
- La "dinamizzazione" delle soluzioni, che vengono agitate allo scopo di attivare misteriose energie contenute nei preparati (mescolare non basta).
- La diluizione estrema dei principi attivi. Per rendersi conto dell'assurdità di tali principi immaginate di prendere una lattina di birra, versarla in una piscina olimpionica piena d'acqua e agitare. Siete convinti che bevendo una goccia di quell'acqua vi ubriachereste? Eppure questo è quello che sostiene l'omeopatia. In realtà le soluzioni omeopatiche sono molto più diluite: nell'esempio precedente per raggiungere la diluizione 30 centesimale (o 30CH) usata in omeopatia, avreste dovuto sciogliere una lattina di birra in un volume d'acqua pari a circa 200.000 milioni di miliardi di volte il volume del Sole!!! (e ricordatevi di "dinamizzare").
- Detto questo, non stupisce che in due secoli di storia nessun omeopata sia riuscito a dimostrare con esperimenti ripetibili in doppio cieco l'efficacia di tale metodo. Ricordo che la James Randi Educational Foundation offre un premio di un milione di dollari a chiunque riesca, in qualunque modo (con esperimenti clinici, chimici, misurazioni, col pendoliono o coi tarocchi) a distinguere un preparato omeopatico da dell'acqua distillata. Ad oggi, nessuno si è fatto avanti per riscuotere il premio.
- Per legge, i preparati omeopatici devono presentare una concentrazione di principio attivo inferiore a 1/100 di quella che si trova nei farmaci "tradizionali". In altri termini, i medicinali omeopatici devono contenere non più di 1/100 della dose che si è dimostrata efficace nella cura delle malattie.
Ora, la risposta dell'esperto farmacista è stata che:
- I farmaci omeopatici vanno "tarati" sulla persona: caso per caso si cercano diversi rimedi (suppongo finché la persona alla fine, per decorso normale della malattia o per effetto di altre cure, guarisce).
- "La gente torna a ricomprarli quindi funzionano", dimostrando una colpevole ignoranza dell'effetto placebo. Colpevole perché una persona laureata in Scienze Farmaceutiche non può non sapere che è stato ampiamente dimostrato quanto i singoli resoconti personali non siano affidabili per determinare l'efficacia di una cura, è per questo che nel testare i farmaci si usa il protocollo del doppio cieco.
A questo punto mi sembra evidente che un farmacista che consiglia rimedi omeopatici più che alla mia salute sia interessato al suo portafoglio. Mi piacerebbe essere smentito da qualche farmacista che leggerà questo post.