Dio nel cervello

La prova biologica della fede

di Zazzy (20 Lug. 2003)

Una recensione a questo libro di D'Aquili e Newberg.

Il libro

Copertina
Dio nel Cervello

Dio nel cervello
D'Aquili, Eugene - Newberg, Andrew
Mondadori. - Collana: Uomini e religioni
Anno 2002
Pagine 210 - Formato 14,5x22,3
Prezzo: 15.80€
ISBN 8804510358

Il libro, sottotitolato “La prova biologica della fede”, e’ risultato piuttosto deludente principalmente per due ragioni: innanzitutto non parla proprio di queste “prova”: si limita piuttosto ad illustrare le teorie degli autori e, se prove a supporto di tali teorie ci sono, rimangono relegate ai testi citati in bibliografia. In secondo luogo, il testo e’ di una sorprendente ingenuità, ci si aspetterebbe da due professori universitari un certo spessore filosofico, soprattutto visto il tema trattato, al contrario gli autori si distinguono per una visione molto ingenua, ma procediamo con ordine.

Nel primo capitolo vengono descritte molto rapidamente le tecniche di neuro-immagine utilizzate per “fotografare” l’attività cerebrale di persone immerse in meditazione o in profonda preghiera, ma i risultati degli esperimenti sono appena accennati. Sembra di capire che gli autori abbiano dimostrato come durante l’esperienza mistica si verifichi una riduzione dell’attività cerebrale in quelle aree collegate al nostro senso spaziale, in questo modo il cervello perderebbe il senso dello spazio, creando l’impressione di un corpo infinito, indifferenziato ed indistinto dagli altri oggetti: un’esperienza mistica appunto.

Con sorprendente ingenuità gli autori tentano di ricavare da questo fatto la dimostrazione della “realtà” dell’esperienza mistica: uno scienziato, sostengono, potrebbe obiettare che l’esperienza mistica sia “solo” il risultato di una attività neuronale anomala ma, fanno giustamente notare, tulle le nostre esperienze si riducono ad un’attività neuronale: se mangiamo una mela, la nostra immagine della mela, del suo odore, del suo sapore, sono solo attività neuronali, non per questo diciamo che la mela non e’ reale”. Quindi concludono che: “il fatto che l’esperienza spirituale dipenda da un’attività neurale, non smentisce la realtà del fenomeno” (pare di capire che qui la “realtà” vada intesa in senso oggettivo, come unione con un Essere che sta “al di fuori” del soggetto). Siamo evidentemente di fronte ad un banale errore di logica: il fatto che gli oggetti reali provochino in noi un’attività neuronale, non implica che ad ogni attività neuronale corrisponda un oggetto esterno. Se cosi’ non fosse, non avrebbe senso parlare di allucinazioni, tanto le allucinazioni quanto le percezioni reali infatti hanno dei correlati neuronali, ma non per questo consideriamo “reali” gli oggetti delle nostre allucinazioni.

Nei capitoli 4-7 gli autori espongono una loro spiegazione in chiave evoluzionista delle religioni: i circuiti cerebrali responsabili dell’esperienza mistica si sarebbero forse evoluti a partire da quelli sessuali responsabili dell’orgasmo, la religione nascerebbe dalle esperienze mistiche e sarebbe un fattore positivo per la sopravvivenza sia del singolo (permettendogli una via di fuga dall’angoscia esistenziale) che della società (fornendo un forte elemento di aggregazione). Il comportamento religioso favorirebbe quindi la sopravvivenza degli individui “mistici” che a loro volta promuoverebbero lo sviluppo della religione. A parte lo scarso valore fornito dalle spiegazioni evoluzionistiche in genere, una simile ipotesi presenta almeno una falla: se l’esperienza mistica è cosi’ importante per la sopravvivenza, perché è cosi’ difficile da ottenere?

Negli ultimi due capitoli gli autori traggono le conclusioni, giungendo ad affermazioni che trovo contraddittorie. Con una onestà che va riconosciuta, essi sostengono che “non siamo un grado di dimostrare che l’essere unitario assoluto esiste davvero” e va dato loro ragione quando dicono che: “l’esistenza di un'entità superiore sia altrettanto possibile, razionalmente parlando, dell’esistenza di un mondo puramente materiale”, infatti, razionalmente parlando, sono entrambe indimostrabili. Non si capisce quindi perché in chiusura dichiarino: “le basi neuro-biologiche della trascendenza rendono l’essere unitario assoluto un’ipotesi plausibile e persino probabile”. I dati neuro-biologici dimostrano semmai che l’esperienza mistica è indagabile scientificamente, che esistono cioè dei correlati oggettivi a quest’esperienza, ma sul fatto che l'esperienza rifletta qualcosa di “reale” (nel senso sopra indicato) non è dimostrabile ne’ dalla scienza ne' da nessuna altra “mitologia”. Possiamo fare un parallelo coi sogni: l’elettroencefalogramma ci ha permesso di individuare correlati oggettivi (tracciati REM) dell’esperienza onirica, questo dimostra forse che le cose che vediamo nei nostri sogni sono “reali”?